Wednesday, October 31, 2007

E anche Ottobre é andato



E anche ottobre è andato la sua musica ha finito
quanto tempo e' ormai passato e passerà.......

Ottobre, le caldarroste il camino,
qui tutto é passato alla finestra,



in primavera.

E allora mi accorgo, quando parcheggio la bici



che gli alberi sfioriscono,

che come Claudio anche io
sto ancora aspettando Godot,



che i raggi che vedo tutti i giorni sono belli e di metallo



E che quando esco il sole è un ricordo nei bulbi di neon

e vi cerco, fantasmi, il girono di Hallowen,
bianchi



neri



purche' mi avvolgiate.



E gli ultimi petali gialli mi dicono



che tutto e' un soffio o che come dice
Landiman che "Todo lo que termina termina mal",

o che lasciano posto ai frutti,
dolci sugosi,
acidi e amari.
Ma pur sempre frutti
di fatica
di lavoro
di una vita,
della mia vita.



Buon Halloween per chi se ne è accorto.

Lucky Luke

Friday, October 26, 2007

Meccanica 3

Questa volta non lo ha chiesto nessuno, e' venuto da solo.

La porta si chiuse sbattendo sorda alle sue spalle.
L'ufficiale si trovò nella penombra dell'ufficio. Stessa sedia marrone, stessa scrivania liscia e ingombra di fascicoli.
Documenti, libri appunti e lettere.
Al comando di sezione, al reparto strategico, al terzo battaglione.
Stessa cassettiera di metallo e stessi diplomi ingialliti appesi alle pareti.
Eppure l'ufficiale sentì quelle pareti incurvarsi e la stanza stringerglisi attorno. La polvere lo imbrigliò in una tela di ragno e lo tenne immobile, pronto per il sacrificio.

Si concentrò per sconfiggere il ragno e schivare le pareti cadenti, appoggiò le mani pesanti sul legno del tavolo e facendo leva sugli avambracci si lasciò sedere.

Una voce inusuale, diversa da quella che aveva cercato, meno autorevole e più spaventata risuonò attraverso la porta nel corridoio:

"Avanti il prossimo", disse.


Attese che la porta si aprisse e fu sorpreso dalla facilità con cui ciò avenne.
Le cerniere scricchiolarono meccaniche liberando un fascio di luce violenta che gli ferì le pupille.
Si sentì abbandonato.
Perfino il sole lo stava tradendo.
Dalle vetrate del cortile si riversava violento e infieriva con schegge di mezzogiorno contro i suoi occhi dilatati dalla penombra.

Mentre abbasava lo sguardo percepì una sagoma nera in contro luce.
I suoi contorni non sembravano quelli di un soldato.

"Entri e chiuda la porta, soldato" disse l'ufficiale quasi scaramantico.
E la frase produsse l'effetto voluto, quell'ultimo soldato lo rassicurò e gli fece recuperare il suo tono.
Sereno, deciso, e arioso, tono di chi sa.
Sa cosa lo aspetta e ne prevede ogni dettaglio.

"Signor si' sissignore", rimbalzò alle sue orecchie.
Un po' troppo affrettato e scomposto, un suono poco marziale.
Ma era comunque un suono di famiglia, di buon giorno, buona notte, dormi bene.

Quella voce.
La tentazione di tornare a guardare fu forte.
Ma l'ufficiale si trattenne.
Aspettò senza alzare gli occhi, per difendersi dal sole
e si sentì topo che aspetta che il gatto desista.
Udì il tonfo della porta che si chiudeva,
il rumore dei quattro passi del soldato. Poi questi si fermò rigido davanti alla sua scrivania.
Udì i tacchi battere sull'attenti.
Un tac preciso, altro suono di famiglia.
E l'ufficiale pensò alla tosse della madre dopo le scale,
al russare del padre davanti alla televisione mescolato al rumore di acqua e piatti dalla cucina.

Vi fu una pausa di silenzio e la vita nella stanza sembrò fermarsi.
Il soldato non si muoveva e tratteneva il respiro, ottimo addestramento, pensò l'ufficiale.

Ancora una pausa e alzò lo sguardo.
E allora la vide, per la prima volta, ma ne fu sicuro. Era Lei.
Occhi neri emanavano una luce intensa, più delicata di quella del sole ma altrettanto penetrante.
Si sentì scrutato fin dentro le budella.
Dovette abbassare lo sguardo di nuovo.
Per nascodere l'esitazione, si rifugiò in un improbabile schedario.

Fu allora che sentì la corrente di aria fredda fendere la stanza.
Di riflesso, come a cercane la provenienza, scattò in piedi.
Quello scatto devio' la traiettoria del freddo, non più al cuore
ma più in basso, sbagliata.
L' ufficiale grido' la sua domanda consueta:
"Soldato, tu credi a ...." e il fiato finì lasciando un silenzio incompleto.
Le mani afferarrarono un pugnale, ben conficcato in basso a sinitra, sotto lo stomaco.
Lontano dal cuore, per errore.

Le gambe cedettero e portarono gli occhi dell'ufficiale al riparo dal sole, raso terra. I tacchi giravano e tornavano con rumori inversi ad aprire la porta. E ecco il sole che ardeva tutto ciò che incontrava. Furono suoni attutiti, di mare in risacca
che spazza la spiaggia e si ritira, indifferente.

La porta si chiuse per l'ultima volta e tornò il sereno dell'ombra.
L'ufficiale steso a terra temette la Morte, da solo.
Poi alzo' un braccio e vide che ancora viveva.
Appoggiò la mano sul suolo e si rannicchiò a gattoni.

Non in ufficio, pensò.

E in ginocchio con la camicia che da verde si tingeva di rosso
gridò con rabbia:

"Avanti il prossimo".

Si lasciò cadere e la stanza si riempi' di voci compite e di grida.
Chiuse gli occhi e nel delirio si lasciò salvare.

LukyLuke

Monday, October 22, 2007

La citta, por fin.

Por fin este fin de semana, he superado la Ciudad.

En el primer intento, el sabado,
me he parado frenete a Ella.

Al principio ha sido el mercado
con sus colores a detenerme.



Luegos las flores violetas de la primavera
importadas de Africa, y la luna ya despierta,
esta vez del reves.



Las vistas de postal barata.



Las orillas del rio,



que recuerdan un poco
a la foto de SuperMan.

Y como otros habitantes de la orilla
mucho mas cultivados que yo,



decidi' regresar desde la panza de la ballena

y salvarme.

Riverside.


El domingo pero empezo' dormido.
Y para despertar fui firme,
me impuse agarrar el ferry,

hasta el final.


No sin antes echar otro vistazo a mis amigos,
los puentes



y sus abitantes que volan
mirando las nubes.



Aqui' esta la CIUDA' .



la City que le dicen.
Algunas veces me pregunto
como puede
la gente vivir en estas colmenas,



que te amenazan
con caerse a cada instante.



Riverside.

Con sus templos del dienero.

Quien llega un poco mas alto
montado en su big dolar?


Es que en Australia, no creo falte tierra.
Pero el Hombre, como siempre,
necesita Catedrales.

Y se apila.

Hay quien se conforma con la base,
las fundamentas de tanto prestigio.

Solo pocos pueden mirar lejos.
Son los No-mas o mejor
no, Mas.

Por lo menos por un tiempo,
hasta que el vecino se vuelva Mas.
Mas alto,
Mas joven o solo
tenga menos escrupulos.

Los SuperA.

Pero no importa,
ellos se conforman, que te crees.
Que alto han volado,
cuanto de rico ha sido todo,
nadie dijo que seria pa' siempre,
vamos, que crees?
Como ella que ahora logran ver por la ventana
del vecino, el, Mas.

Quizas ella tambien les aparezca
como a mi este Fantasma
presente y austente,



el y otra persona.
O este mas bien ...



Ambos viven el domingo por la tarde la Power House,
una Tate Modern de Brisbane,
a la Australiana,
menos arte y mas pasta,
que, en el fondo,
si te lo piensas bien
es lo que cuenta baby.
Pa' que estas tu aqui'?
Y todos los demas, de cada rincon del planeta
o casi,
todos hemos venido al
Nuevo Mundo pa' acumular y subirnos.


Mira',
El Senhorito se queja todo el dia
dicen aqui' las malas lenguas.
Puede que sencillamente sean usos distintos,
no?
Usos que llevan a la gente a teatro como si fueran
a Misa, vamos,
no tan distintos que los del Liceu,
o al como se dice este, el Popular de Turin,
ah... con perdon en regio.



Asi que la Power House se vuelve
cualquier otra,
otra Catedral,

la de la Cultura
que tambien te eleva
bien alto y te hace volar.


Vista de arriba, la gente resulta
conjunto y a la vez disjunto:



parecen de azucar, que ricooooo.
GNAM.

Sera por eso, tanta colmena,



para ver un poco mas claro,
lo dulce, desde lejos y dejar de quejarse.



Pues no se, pero paso
de la Ciuda'
una vez mas,
se me permita.

Me voy en periferia,
hacia algo mas humano
donde yace el combustible



y sus distribuidores



Donde las torres aun viven aisladas




y mejor seguir las flechas



y no perderse, aqui quien sabe quien vive!

El sol pinta de gris las calles



y de verde las mamas que cuidan sus ninhos
que quidan sus patos.



En periferia respiro,
fresco,
holor a gasoil.

En los suburbios, a lado del rio,
vuelven las flores violetas,



con un poco de luz,
de la electrica.

En fin, todos queremos un poquito mas,
de esta Ciudad.



Un abrazo
Luky Luke

Tuesday, October 16, 2007

Canticchiare insieme a me

Michel

Ti ricordi, Michel dei nostri pantaloni corti, delle tue gambe lunghe magre e forti e della rabbia che mi davano correndo tutti i giorni un po' più svelte delle mie.
Ti ricordi, Michel dei nostri soldatini morti, nella difesa eroica dei bastioni e seppelliti in una siepe con onori militari inventati lì per lì.
Ti ricordi, Michel del banco nero in terza fila, che ascoltò tutte le risate, di due bambini che vivevano in un sogno che non si ripeterà.
Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel.
Ti ricordi, Michel che a me piaceva Garibaldi, ma tu dicevi che era un buffone e che senz'altro non poteva sostenere il confronto con il tuo Napoleone.
Ti ricordi, Michel di come ti prendevo in giro, per l'erre moscia che ti era rimasta, solo ricordo della Francia e della tua prima casa, dei tuoi amici di lassù.
Ti ricordi, Michel di come era esclusiva la tenerezza che ci univa, e accompagnò la nostra infanzia fino ai giorni della nuova realtà.
Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel.
Ti ricordi, Michel di come a me dispiaceva, quando parlavi sempre di ragazze e delle voglie che avevi con due occhi un po' sottili che non conoscevo più.
Ti ricordi, Michel di quando i mei capelli corti, ti davano fastidio e dicevi, che se non la piantavo di fare il bambino tu con me non ci saresti uscito più.
Ti ricordi, Michel quel giorno che facemmo a pugni tornando a casa dalla scuola, con la cartella appogiata a una colonna a due passi dal palto.
Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel.
Ti ricordi, Michel il giorno che morì tua madre, che tu piangevi tanto che anche il cane che ti voleva così bene non aveva il coraggio di avvicinarsi un po'.
Ti ricordi, Michel che tristi erano quei giorni, io non sapevo proprio cosa dirti e che confusione avevo in testa e che stupore sul tuo viso e che voglia di partir.
Ti ricordi, Michel quei due saluti alla stazione e i lacrimoni venir giù, quando la macchina comincia a far pressione tu dovesti salir su.
Ti ricordi, Michel che fretta che avevano tutti, far partire la vettura, mentre lento il tuo vagone se ne andava ritornava la paura
Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel. Ti ricordi, Michel.

Di Claudio Lolli
liberamente copiato da http://www.sem.gte.it/claudiololli/

Monday, October 15, 2007

Geometrias variabiles

Come può essere raccontato ciò che è impossibilie da raccontare ?
"Fahrenheit 15/10/2007 "

Como se puede hablar del silencio, del correr de las aguas, de las geometrias varaibles de la
naturaleza, del soplar del viento?

Desde la esquina de West End a la puesta de sol



comiendo un falafel y mirando los escaparetes,



Hasta la noche en la oscuridad, bajo las estrellas,
durmiendo en la orilla del lago.


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Silencio, escuchate.

Y al amanecer un arbol



me cuenta:

con sus nuevas geometrias llega
el mundo.

El de las hierbas



y el de los troncos.



Un canguro me mira



y se va saltando.

Los arboles se reflejan en las aguas de un negro intenso.



Miro a la izquierda
las geometrias variables de las canhas.



Miro adelante y el camino del rio.



Cierro los parpados
y estoy remando en la corriente.



Hasta otro arbol,



que te anuncia la puesta del sol
y una nueva semana.

En la ciudad.

Hasta pronto

LuckyLuke

Wednesday, October 10, 2007

Meccanica 2

A grande richiesta il secondo capitolo:



Il sole asciugava il grigio appena lavato del cemento del cortile e proiettava ombre di pece nera sotto le panche che ne delimitavano il perimetro.

Seduto su una di quelle panche l'ufficiale si accingeva a raschiare lo zucchero dal fondo di una tazzina di caffè. Era una operazione delicata, resa difficile dal non poter inclinare la tazzina senza correre il rischio di una evasione massiva di gocce. Una volta libere, le gocce si sarebbero sicuramente schiantate sui pantaloni color cachi dell'ufficiale, obbligandolo ad un repentino intervento di lavaggio.

Non poteva permetterlo, si disse e appoggiò la tazzina per terra un po' contraddetto dal dover rinunciare a quegli ultimi granelli di piacere.
Allungo' le gambe, sollevando leggermente i piedi dal suolo, facendo perno sui talloni e si appoggio' contro il legno dello schienale.

Socchiuse gli occhi.

Il calore intenso gli fece dimenticare per un momento la sensazione di prigionia che lo aveva spinto a uscire dalla caserma per prendere un po' d'aria e che, fino ad allora, era stata mantenuta viva dalla vista delle pareti del cortile.

Adesso, rasserenato e parzialmente addolcito dal caffé, poteva tornare a pensare alla Meccanica quantistica.


Il suo interesse per quella disciplina era cominciato in una riunione del venerdì sera al circolo ufficiali. Uno dei partecipanti, un giovane tenente in cerca di promozioni, aveva chiesto ed ottenuto di dare una piccola conferenza su di un concetto che considerava nuovo e di rilevanza strategica per la sicurezza del Paese.

La conferenza si intitolava "Dalla meccanica quantistica alla libertà di tradire" e pretendeva di stabilire un nesso tra il nuovo principio di indeterminazione di Heisenberg, che per inciso stava per compiere cento anni, e la probabilità che un militare decidesse di ammutinarsi .
In particolare, considerava lo scenario peggiore. Quello in cui un ufficiale, perfettamente addestrato e a conoscenza di un qualche segreto strategico, importante per la sicurezza del Paese, decidesse, di colpo, di usare le sue competenze per boicottare e danneggiare quello stesso Paese che in teoria avrebbe dovuto difendere.
Il parallelismo con la meccanica quantistica consiteva nel considerare l'ufficiale come un ente quatnistico. Esattametne nello stesso modo in cui un elettrone,a differenza di una pallina classica, spinto in linea retta decide di non seguire una traiettoria ben definita, così l'ufficiale era scientificamente libero di deviare.
Il para dava rigore scentifico alla discussione ma non era stato accolto da tutti con benevolenza ed aveva suscitato un intenso dibattito.
Le diatribe si erano interrotte però con l'intervento del Generale, che aveva assistito alla riunione in qualità di ospite di onore. Egli sottolineava la preocuppazione che, elettroni si o elettroni no, un caso come quello descritto potesse realmente presentarsi.

Vi fu silenzio e grande apprensione, come si addice alle situazioni di incertezza per il futuro del Paese.

Poco a poco riprese il brusio della discussione e il
giovane tenente volle accentrare l'interesse del gruppo sul proprio eroico patrittoismo. Cominciò così a spiegare come era giunto a tale difficile intuizione.

Il nesso tra l'emergere di comportamenti devianti e la traiettoria di un elettrone gli era apparso chiaro una sera di qualche mese prima, dopo aver a sua volta assistito, da infiltrato, ci teneva a precisare, a una riunione, molto nota in certi ambiti insurrezionalisti, chiamata "tortilla meeting".

Vi fu un brusio diffuso al nominare tali parole nel circolo ufficiali, e molti rabbrividirono all'idea che il Generale desse in escandescenza e che uno di loro potesse, seppure in veste di infiltrato, partecipare a tali avvenimenti.
La gravità della situazione, però, non permetteva indugi e il Generale in persona ordinò silenzio e pregò il tenente di continuare la sua esposizione.

Il tenente assentì e raccontò che quella notte, lo stesso fondatore dell' attività cospirativa (qui si guardò bene dal nominarla nuovamente) , aveva esposto ai presenti con chiarezza la relazione dialettica tra libero arbitrio e meccanica quantistica.

Dopo aver ascoltato tali nefandezze, il Generale scattò in piedi battendo un pugno sul tavolo. In un generale silenzio di facce bianche e tese proclamò: "Basta così tenente, si sieda, la situazione é ormai chiara".

Si voltò poi verso il resto dei presenti e spiegò che era il momento era propizio per costituire una commissione di studi sulla Meccanica Quantistica.

La commissione avrebbe dovuto verificare la eventuale presenza di materiale eversivo nello studio quotidiano della disciplina nelle Università del Paese.

L'ufficiale ne era poi stato nominato presidente.

La scelta era stata fatta in base al suo curriculum del biennio precedente all'ingresso all'accademia. Per due anni, infatti, l'ufficiale aveva studiato fisica. Non che avesse riportato particolari successi in quel suo cimentarsi con le scienze esatte. Almeno così aveva l'impressione di ricordare il Generale, impressione che avrebbe potuto facilmente essere confermata consultando il documento di ammissione alla carriera militare dell'ufficiale in questione.

Tale documento doveva essere custodito in chissà quale archivio e, in mezzo ad altre preziose ma al momento irrilevanti informazioni sull'ufficiale, riportava la media dei voti da quegli ottenuti nei due anni di studio. Una rapida occhiata e quella media avrebbe rivelato la natura, non certo brillante, della persona in esame.
Nello stesso documento, al riquadro successivo, si leggeva:
"Ragioni per la volontà di arruolamento ".

In esso figuravano, scarabocchiate a mano , con inchiostro nero, due frasi loquaci :
"Amore per la Patria"
e
" Fede in Dio".


Uno sguardo attento a quella media, dicevamo, avrebbe forse suggerito un'altra ragione per la scelta di vita dell'ormai ufficiale, scelta oltre più assai comune tra gli studenti di fisca di quegli anni. Essa, dopo un giudizio rapido, sarebbe apparsa come:
"Scarso interesse per le scienze naturali".
Forse, però il nostro giudizio sarebbe davvero troppo rapido, e dovremmo limitarci alle due frasi precedenti: "amore per la patria" e" fede in dio".

Nella presente situazione, che come si é detto rappresentava un chiaro pericolo per il Paese, il Generale non poteva certo permettersi il lusso di cercare, tra polverosi archivi, documenti che gli rinfrescassero la ormai evanescente memoria.
Né, tanto meno, poteva riempirne le caselle mal compilate e andare troppo per il sottile nella scelta del presidente per al nuova commissione.

Bastava infatti considerare gli altri presenti alla riunione, per convincersi che l'ufficiale, per quanto imperfetto, rappresentava quanto di meglio l'Esercito avesse da offrire in termini scientifici.

Senza alcun dubbio quindi, la direzione della Commissione, spettava all' ufficiale.



Sul collo dell'ufficiale seduto ad occhi chiusi, erano apparse alcune gocce di sudore che, lentamente, scendevano e si infiltravano sempre più giù lungo la schiena. Si infilavano nella fessura tra il colletto e il collo, producendo una spiacevole sensazione di prurito. Ciò distoglieva l'ufficiale dalla sua pausa di meditazione e gli faceva notare l'opressione dell'uniforme chiusa stretta.

Con un gesto rapido, non senza prima essersi assicurato, guardandosi intorno, che non vi fosse nessuno in grado di testimoniare l'accaduto, l'ufficiale allentò il nodo della cravatta e sbottonò il primo bottone, quello che stringeva il tessuto al collo proprio là dove si infilavano le gocce. Così facendo produsse uno spazio sufficiente per introdurvi un dito e potersi grattare con soddisfazione.

Tornando ad abbottonarsi, inspirò profondamente e non poté evitare di sorridere per quel gesto così poco marziale.

Si abbandonò nuovamente contro lo schienale e il calore del sole lo accarezzò infondendogli un brivido che gli si propagò lungo la colonna vertebrale.
Per un momento, quel brivido, lo distolse dal suo pensiero scientifico e gli fece ricordare qualcosa di antico, un bacio di donna, un sospiro di giovinezza.

L'ufficiale si scosse, spalancò gli occhi e si alzò di scatto con una smorfia amara disegnata sulla faccia. Questa volta stava esagerando, pensò. Girò sui tacchi e s i diresse con passo sicuro verso l'entrata della caserma.

Le reclute, in corridoio, lo stavano aspettando in silenzio.


LukyLuke

Sunday, October 7, 2007

Historia de un puente

Lo construyeron para unir las dos orillas del rio.
Al lado izquierdo la city con sus rascacielos contruidos sobre montanhas de dolares, de los australianos.

Al lado derecho, la National library la Galeria de arte contemporaneo, los cines, el South bank
y un poco mas arriba, pero antes de la colina, West End con sus barecitos y discotecas.

El se siente orgulloso de ser puente, y lo mires por donde lo mires, levanta la gente y la hace caminar sobre las aguas, entre las nubes,



sobre la ciudad.



Y la protege con sus luces antenas.





Del lado montanha derecho,





Del lado mar izquierdo



Desde encima suyo.





Nos permite cruzar y ponernos en contacto,
nos permite ver el rio desde arriba,
y hacerle cosquillas a la barriga,
pasando con el CityCat.

Y despues de haber estado mirandote y pasendote,
y haber encontrado mi primer canguro,



amigo puente,
este fin de semana solo me queda volver a casa,

andando,



en bici



o en barco.





Buenas noches, amigo puente.



hasta manhana.

LukyLuke



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Now playing: piana - after 20 years
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