Thursday, December 6, 2007

Appendice 1: Sydney

Nonostante il Requiem che ha uccsimo il mio blog ,
ho deciso di aggiungere, in appendice.

Sidney, dove ho passato l'ultimo fine settimana.
Ho camminato vicino al mare,
la' dove la citta' finisce e lascia respirare.
Perche' per me era troppo.

Troppe case, pochi scorci di luce e troppe vertrine.



Forse anche perche' volevo stare coi turisiti.
Mi piace sperdermi in mezzo alla Citta'
ma a volte mi sento Marziano,
bighellonando da un angolo all'altro,
senza una meta, se non osservare,
il fiume umano che scorre.

Al porto noi turisti facciamo le foto,
le portiamo a casa, in ricordo e in omaggio alla Citta',
coi suoi fiumi.



E mi sono trovato sulle scale dell' Opera
a vedere la gente ballare nel cielo,



vestita
del suo stesso colore.



Poi ho sognato di non essere solo,
mentre dormivo,
con la testa appogiata e protetta da
lei .




Ed ho preso il ponte, come evitarlo?
A piedi, sfidando i suoi scarichi tossici



l'ho costeggiato e risalito.
Il suolo vibrava al passaggio del traffico



la gente era piccola e lontana.



Il guardiano di un pase dell'Africa,
mi ha chiesto : "Di dove sei?"

Gli ho indicato la strada e ho detto,
"Laggiu' ". Ha riso con gusto e ha battuto
i piedi intorpiditi indicandomi il cielo.
Io "Lassu' ".


Il giorno dopo ho visto il museo con in dipinti,
e son passato dall' Opera col sole.



Ho bevuto un amaro caffe' in un bar italiano e
ho lasciato che il giorno finisse nel parco.

Abbracciato da alberi enormi,



guardavo le ombre
dei bambini giocare,



della gente che riposa,



e di chi invece cammina,



attirato ancora dalla Citta', che con il suo
brillare ci lusinga e cattura.



Poi ho sognato, e visto il tuo volto, cosi',
confuso e minaccioso, dal mare.




Alla prossima Sydney,
Lucky Luke

Sunday, November 25, 2007

Requiem for Oz

Still 15 days to go.
But I feel that something is already finished.
A path walked alone, with some of you appearing at its
frequent stops.

Titoli di coda quindi.
Per quelli del fiume, sopravvissuti al "West End".

Alla mia sinistra, lavorando al computer in un silenzio
interrotto a volte da qualche pfuff,
innamorato, disincatato, ma alla fine innamorato.

Capitano Alvaro.



Dall'altro lato del fiume, elegante riflessivo,
cuoco, hacker, uomo di affari e di veleni,

alla regia, Dottor James.





Poi Tita, cosi' grande e cosi' bambina.
Comparsa e sparita.



Alle macchine, da presa,
da taglio, da trasporto,
a fare onde e spostare sabbia,
a creare turbini continui senza lasciarli decantare,

Jose, l'alpinista.





Colei che parla mille lingue,
altezzosa, non ancora cresciuta pero'
che vuole bruciare le tappe,
invicibile e ferita.

Volevi la parte principale.
Quindi e' tua, Sandrita, sei la nostra Protagonista.




Y recuerdos de otras despedidas.



donde por primera vez aparezco yo
en este blog.

Con tanto di sorriso stupido.



Per ultimo chi scompare, ha paura e poi riappare.
Di sbieco nascosto
dietro le gambe di James.
Instancabile in attesa, sempre contento al vederlo
tornare.
Con gli occhi tristi come a scusarsi.
Sandwich il nostro compagno.




E gli altri, la mia Australia,
che non ritraggo per pudore,
per paura, per rispetto.
Grazie,
per l'accoglienza, il rifugio, il ristoro.
Parto sussurando
"Este lunar que tienes...
... no se lo des a nadie...
...que a mi me toca"


A presto regno di Oz,
con i tuoi maghi e sortilegi,
il tuo sole e i tuoi surfisti.



Lucky Luke.

Friday, November 16, 2007

Coincidenze

Domenica pioveva
grigio e freddo.
E allora Cinema alla Goma
che strana coincidenza:





Fuori pioggia dentro freddo.
Buffo pensare che le stesse cose succedono a tutti,
cosi' diverse e cosi' uguali.

Poi il film e' finito e son scivolato tra le sale d'esposizione.
Ho trovato Unspoken word, di Lee Mingwei,
per scrivere lettere.



Non ci sono riuscito,



ho sbirciato
gli altri che lo facevano.

Ci ritornero'.



Fuori l'incatesimo si e' rotto.

Uscito dal Museo,
di nuovo riflessi belli e freddi di Citta'



Solletico dei soliti
Fantasmi che mi sfiorano



e spariscono al tramonto



Incubati, in ascensori



al riparo di una fermata di autobus



Mentre io me ne pedalo verso
casa bagnato di pioggia.


LuckyLuke

Monday, November 12, 2007

Telaranhas

A veces se queda uno prisonero,
sea de un rol, sea de unas expectativas,
sea de otros,
sea sencillamente de si mismo.

Mirando mi vecina,




me pregunto:
No es ella la verdadera prisonera de su telaranha.
Todo el dia colgando boca a bajo.
Aranha Europea.

Luego a la hora de dormir, me doy cuenta.
A veces,
las redes y sus enredos nos protejen,



de los vecinos,
de los mosquito
de nuestras pesadillas.
Y me siento feliz cada vez que me enscondo en
mi cabanha de hilos.

Me siento abrazado por Sara,



que, del otro lado del mundo,
del vuestro,
se levanta bostezando

Buenas noches
Lucky Luke

Sunday, November 11, 2007

Meccanica 4

L'ufficiale aprì gli occhi.
Un soffitto ingiallito e scrostato copriva la vista di quello che era uno dei cieli più stellati dell'anno.
Egli non lo seppe mai e si limitò a osservare la posizione delle macchie di umidità sull'intonaco.
Cercava di comporre un qualche contorno conosciuto e muoveva ostinatamente la testa, per cambiare punto di vista.
Uno di quei movimenti gli produsse una fitta allo stomaco e lo fece desistere.

Chiuse gli occhi di nuovo.
Cercò di spostarsi in una posizione migliore, di lenire il dolore.
Niente da fare.

Bisognava aspettare il dottore con le sue pastiglie, le sue iniezioni.
Per un po', almeno, lo facevano dormire.

Le lenzuola, rimbboccate strette, contribuivano a quel senso di disagio, di nuova prigionia, comprimendolo, limitandone i moviementi e facendolo aderire al materasso.
Girò la testa verso la televisione che appesa al muro troneggiava sull'angolo sinitro della stanza.
E vide il Generale, sempre uguale a se stessa nella divisa cachi.
Nonostante l'assenza del volume immagino' il suo un discorso alla nazione.
Conosceva bene il Generale. In fondo doveva essere soddisfatto, le sue predizioni si erano avverate, ecco la tanto attesa situazione di emergenza. Un ufficiale dello Stato era stato gravemente ferito. Non era permessa alcuna esitazione. Il suo corpo di azione rapida era pronto.
Il Paese non doveva avere timore.

L'Ufficiale batte' le palpebre, si sentiva sospeso tra la vita e la morte.
Da un lato felice di essere sopravvisuto,
dall'altro stanco e angosciato all'idea di dover riprendere il lavoro al più presto.

Cercò insistentemente di ritrovare il sonno d'oblio da cui era appena emerso.
Non voleva pensare ne' al generale ne' al lavoro.

Si sforzo' , conto' le pecore, conto' le macchie del soffitto, conto' i secondi. Ma di nuovo tutto inutile.
Ogni qual volta si distraeva dal conteggio , riaffiorava, al posto del sonno, quel maledetto ricordo.
Immagini nitide e crude, il primo incontro con il professore.

Emise un respiro profondo, l'ufficiale, appena prima di bussare alla porta verde.
Uguale alle tante altre di quel corridoio, non fosse stato per un piccolo numero che corrispondeva a quello scritto sull'agenda qualche giorno prima. E poi vi era il nome sulla destra in alto, in caratteri neri su fodo bianco, quello del Professore.

Un rumore gli fece riaprire gli occhi e si accorse della presenza del dottore.
Non poteva dire quanto tempo avesse dormito.
Il dottore stava in piedi. Lo esaminava curvo nascondendo i geroglifici del soffitto.

Dopo alcuni gesti rapidi gli appoggio' lo stetoscopio sul petto e disse: "Respiri profondo".
L'ufficiale ubbidi' paziente e insipiro' molte volte.
Profondo. L'aria poi usciva da sola, dalle narici dalle orecchie e forse dal taglio all'altezza dello stomaco.

Quando fu possibile l'ufficiale chiese imbarazzato:
"Dottore, ho in bocca sapore di sangue, é grave?"
Il tono era di chi, mai prima d'allora, aveva osato lamentarsi.
"Autosuggestione, signore. Il sangue del taglio non puo' essere arrivato fino in bocca ".
Poi, quasi distratto, e un po' infastidito aggiunse: "Non si preoccupi, tutto sotto controllo".
Si ritrasse e comincio' scrivere qualcusa sul ricettario.



L'ufficiale inspro' triste e chiuse gli occhi stanco.
La porta dell'ufficio sbatté alle sue spalle.
Vide il Professore che lo riceveva con una mano tesa in segno di saluto, un sorriso compiacente e una frase diretta.

"Molto piacere, signore, desidera?".

Il Professore, penso' e il gusto metallico di sangue, divento' piu' intenso, ma era diverso, non lo stesso di prima, questa volta era il sangue di altri.


L'ufficlale si sedette impacciato e schiarì la voce con due colpi di tosse.
Di colpo la divisa si era fatta pesante, le scarpe tenaglie, e il colletto ruvido cappio.

Disse: "Niente di importante, un controllo di routine" tutto di un fiato, senza alzare lo sguardo.
Poi aggiunse in tono sommesso, come di chi si vergogna:
"L'esercito ha cominciato a interessarsi alla disciplina che lei studia".

Non poteva prevedere la frase del Professore, quasi lo aveste colpito,
Al sentire quella parola, "Controllo", il professore si irrgidì impalli' e cambiò attitudine.

Giro' le spalle all'ufficiale e guardando i calcoli scarabocchiati alla lavagna tuonò:

"Se ne vada, ho molto da fare, non posso perdere tempo con lei e i suoi controlli."

L'ufficiale si alzo' e si tese in avanti cercando di recuperare una qualche forma di contatto con il Professore.
Si sbilancio', fece un passo e disse in tono sommesso quasi da confessione:
"Non credo abbia scelta, ordini dall'alto".

Fu uno sbattere di libri sulla scrivania, un viso duro e nemico che gridava:
"Non si avvicini, fuori di qui, questo è il mio ufficio,
le ho già detto,
non ho tempo".

Fu l'ufficiale che usciva.

Attraversò corridoi di studenti, di macchine del caffè di biblioeteche in silenzio.
Finalmente scese le scale arrivo' in strada, fuori dal territorio nemico.
Si sorprese correndo, lungo il marciapiede, affannato, arrabbiato, avvelenato.
"Ci rivedremo" pensò e rallentò il passo.

Il dottore urtò il supporto della flebo che oscillando produsse un cigolio metallico.
"Mi scusi", balbettò, imbarazzato.

L'ufficlale aprì gli occhi, ancora.
Ancora odio, ancora vendetta ancora sopruso.

Wednesday, October 31, 2007

E anche Ottobre é andato



E anche ottobre è andato la sua musica ha finito
quanto tempo e' ormai passato e passerà.......

Ottobre, le caldarroste il camino,
qui tutto é passato alla finestra,



in primavera.

E allora mi accorgo, quando parcheggio la bici



che gli alberi sfioriscono,

che come Claudio anche io
sto ancora aspettando Godot,



che i raggi che vedo tutti i giorni sono belli e di metallo



E che quando esco il sole è un ricordo nei bulbi di neon

e vi cerco, fantasmi, il girono di Hallowen,
bianchi



neri



purche' mi avvolgiate.



E gli ultimi petali gialli mi dicono



che tutto e' un soffio o che come dice
Landiman che "Todo lo que termina termina mal",

o che lasciano posto ai frutti,
dolci sugosi,
acidi e amari.
Ma pur sempre frutti
di fatica
di lavoro
di una vita,
della mia vita.



Buon Halloween per chi se ne è accorto.

Lucky Luke

Friday, October 26, 2007

Meccanica 3

Questa volta non lo ha chiesto nessuno, e' venuto da solo.

La porta si chiuse sbattendo sorda alle sue spalle.
L'ufficiale si trovò nella penombra dell'ufficio. Stessa sedia marrone, stessa scrivania liscia e ingombra di fascicoli.
Documenti, libri appunti e lettere.
Al comando di sezione, al reparto strategico, al terzo battaglione.
Stessa cassettiera di metallo e stessi diplomi ingialliti appesi alle pareti.
Eppure l'ufficiale sentì quelle pareti incurvarsi e la stanza stringerglisi attorno. La polvere lo imbrigliò in una tela di ragno e lo tenne immobile, pronto per il sacrificio.

Si concentrò per sconfiggere il ragno e schivare le pareti cadenti, appoggiò le mani pesanti sul legno del tavolo e facendo leva sugli avambracci si lasciò sedere.

Una voce inusuale, diversa da quella che aveva cercato, meno autorevole e più spaventata risuonò attraverso la porta nel corridoio:

"Avanti il prossimo", disse.


Attese che la porta si aprisse e fu sorpreso dalla facilità con cui ciò avenne.
Le cerniere scricchiolarono meccaniche liberando un fascio di luce violenta che gli ferì le pupille.
Si sentì abbandonato.
Perfino il sole lo stava tradendo.
Dalle vetrate del cortile si riversava violento e infieriva con schegge di mezzogiorno contro i suoi occhi dilatati dalla penombra.

Mentre abbasava lo sguardo percepì una sagoma nera in contro luce.
I suoi contorni non sembravano quelli di un soldato.

"Entri e chiuda la porta, soldato" disse l'ufficiale quasi scaramantico.
E la frase produsse l'effetto voluto, quell'ultimo soldato lo rassicurò e gli fece recuperare il suo tono.
Sereno, deciso, e arioso, tono di chi sa.
Sa cosa lo aspetta e ne prevede ogni dettaglio.

"Signor si' sissignore", rimbalzò alle sue orecchie.
Un po' troppo affrettato e scomposto, un suono poco marziale.
Ma era comunque un suono di famiglia, di buon giorno, buona notte, dormi bene.

Quella voce.
La tentazione di tornare a guardare fu forte.
Ma l'ufficiale si trattenne.
Aspettò senza alzare gli occhi, per difendersi dal sole
e si sentì topo che aspetta che il gatto desista.
Udì il tonfo della porta che si chiudeva,
il rumore dei quattro passi del soldato. Poi questi si fermò rigido davanti alla sua scrivania.
Udì i tacchi battere sull'attenti.
Un tac preciso, altro suono di famiglia.
E l'ufficiale pensò alla tosse della madre dopo le scale,
al russare del padre davanti alla televisione mescolato al rumore di acqua e piatti dalla cucina.

Vi fu una pausa di silenzio e la vita nella stanza sembrò fermarsi.
Il soldato non si muoveva e tratteneva il respiro, ottimo addestramento, pensò l'ufficiale.

Ancora una pausa e alzò lo sguardo.
E allora la vide, per la prima volta, ma ne fu sicuro. Era Lei.
Occhi neri emanavano una luce intensa, più delicata di quella del sole ma altrettanto penetrante.
Si sentì scrutato fin dentro le budella.
Dovette abbassare lo sguardo di nuovo.
Per nascodere l'esitazione, si rifugiò in un improbabile schedario.

Fu allora che sentì la corrente di aria fredda fendere la stanza.
Di riflesso, come a cercane la provenienza, scattò in piedi.
Quello scatto devio' la traiettoria del freddo, non più al cuore
ma più in basso, sbagliata.
L' ufficiale grido' la sua domanda consueta:
"Soldato, tu credi a ...." e il fiato finì lasciando un silenzio incompleto.
Le mani afferarrarono un pugnale, ben conficcato in basso a sinitra, sotto lo stomaco.
Lontano dal cuore, per errore.

Le gambe cedettero e portarono gli occhi dell'ufficiale al riparo dal sole, raso terra. I tacchi giravano e tornavano con rumori inversi ad aprire la porta. E ecco il sole che ardeva tutto ciò che incontrava. Furono suoni attutiti, di mare in risacca
che spazza la spiaggia e si ritira, indifferente.

La porta si chiuse per l'ultima volta e tornò il sereno dell'ombra.
L'ufficiale steso a terra temette la Morte, da solo.
Poi alzo' un braccio e vide che ancora viveva.
Appoggiò la mano sul suolo e si rannicchiò a gattoni.

Non in ufficio, pensò.

E in ginocchio con la camicia che da verde si tingeva di rosso
gridò con rabbia:

"Avanti il prossimo".

Si lasciò cadere e la stanza si riempi' di voci compite e di grida.
Chiuse gli occhi e nel delirio si lasciò salvare.

LukyLuke

Monday, October 22, 2007

La citta, por fin.

Por fin este fin de semana, he superado la Ciudad.

En el primer intento, el sabado,
me he parado frenete a Ella.

Al principio ha sido el mercado
con sus colores a detenerme.



Luegos las flores violetas de la primavera
importadas de Africa, y la luna ya despierta,
esta vez del reves.



Las vistas de postal barata.



Las orillas del rio,



que recuerdan un poco
a la foto de SuperMan.

Y como otros habitantes de la orilla
mucho mas cultivados que yo,



decidi' regresar desde la panza de la ballena

y salvarme.

Riverside.


El domingo pero empezo' dormido.
Y para despertar fui firme,
me impuse agarrar el ferry,

hasta el final.


No sin antes echar otro vistazo a mis amigos,
los puentes



y sus abitantes que volan
mirando las nubes.



Aqui' esta la CIUDA' .



la City que le dicen.
Algunas veces me pregunto
como puede
la gente vivir en estas colmenas,



que te amenazan
con caerse a cada instante.



Riverside.

Con sus templos del dienero.

Quien llega un poco mas alto
montado en su big dolar?


Es que en Australia, no creo falte tierra.
Pero el Hombre, como siempre,
necesita Catedrales.

Y se apila.

Hay quien se conforma con la base,
las fundamentas de tanto prestigio.

Solo pocos pueden mirar lejos.
Son los No-mas o mejor
no, Mas.

Por lo menos por un tiempo,
hasta que el vecino se vuelva Mas.
Mas alto,
Mas joven o solo
tenga menos escrupulos.

Los SuperA.

Pero no importa,
ellos se conforman, que te crees.
Que alto han volado,
cuanto de rico ha sido todo,
nadie dijo que seria pa' siempre,
vamos, que crees?
Como ella que ahora logran ver por la ventana
del vecino, el, Mas.

Quizas ella tambien les aparezca
como a mi este Fantasma
presente y austente,



el y otra persona.
O este mas bien ...



Ambos viven el domingo por la tarde la Power House,
una Tate Modern de Brisbane,
a la Australiana,
menos arte y mas pasta,
que, en el fondo,
si te lo piensas bien
es lo que cuenta baby.
Pa' que estas tu aqui'?
Y todos los demas, de cada rincon del planeta
o casi,
todos hemos venido al
Nuevo Mundo pa' acumular y subirnos.


Mira',
El Senhorito se queja todo el dia
dicen aqui' las malas lenguas.
Puede que sencillamente sean usos distintos,
no?
Usos que llevan a la gente a teatro como si fueran
a Misa, vamos,
no tan distintos que los del Liceu,
o al como se dice este, el Popular de Turin,
ah... con perdon en regio.



Asi que la Power House se vuelve
cualquier otra,
otra Catedral,

la de la Cultura
que tambien te eleva
bien alto y te hace volar.


Vista de arriba, la gente resulta
conjunto y a la vez disjunto:



parecen de azucar, que ricooooo.
GNAM.

Sera por eso, tanta colmena,



para ver un poco mas claro,
lo dulce, desde lejos y dejar de quejarse.



Pues no se, pero paso
de la Ciuda'
una vez mas,
se me permita.

Me voy en periferia,
hacia algo mas humano
donde yace el combustible



y sus distribuidores



Donde las torres aun viven aisladas




y mejor seguir las flechas



y no perderse, aqui quien sabe quien vive!

El sol pinta de gris las calles



y de verde las mamas que cuidan sus ninhos
que quidan sus patos.



En periferia respiro,
fresco,
holor a gasoil.

En los suburbios, a lado del rio,
vuelven las flores violetas,



con un poco de luz,
de la electrica.

En fin, todos queremos un poquito mas,
de esta Ciudad.



Un abrazo
Luky Luke