Wednesday, October 10, 2007

Meccanica 2

A grande richiesta il secondo capitolo:



Il sole asciugava il grigio appena lavato del cemento del cortile e proiettava ombre di pece nera sotto le panche che ne delimitavano il perimetro.

Seduto su una di quelle panche l'ufficiale si accingeva a raschiare lo zucchero dal fondo di una tazzina di caffè. Era una operazione delicata, resa difficile dal non poter inclinare la tazzina senza correre il rischio di una evasione massiva di gocce. Una volta libere, le gocce si sarebbero sicuramente schiantate sui pantaloni color cachi dell'ufficiale, obbligandolo ad un repentino intervento di lavaggio.

Non poteva permetterlo, si disse e appoggiò la tazzina per terra un po' contraddetto dal dover rinunciare a quegli ultimi granelli di piacere.
Allungo' le gambe, sollevando leggermente i piedi dal suolo, facendo perno sui talloni e si appoggio' contro il legno dello schienale.

Socchiuse gli occhi.

Il calore intenso gli fece dimenticare per un momento la sensazione di prigionia che lo aveva spinto a uscire dalla caserma per prendere un po' d'aria e che, fino ad allora, era stata mantenuta viva dalla vista delle pareti del cortile.

Adesso, rasserenato e parzialmente addolcito dal caffé, poteva tornare a pensare alla Meccanica quantistica.


Il suo interesse per quella disciplina era cominciato in una riunione del venerdì sera al circolo ufficiali. Uno dei partecipanti, un giovane tenente in cerca di promozioni, aveva chiesto ed ottenuto di dare una piccola conferenza su di un concetto che considerava nuovo e di rilevanza strategica per la sicurezza del Paese.

La conferenza si intitolava "Dalla meccanica quantistica alla libertà di tradire" e pretendeva di stabilire un nesso tra il nuovo principio di indeterminazione di Heisenberg, che per inciso stava per compiere cento anni, e la probabilità che un militare decidesse di ammutinarsi .
In particolare, considerava lo scenario peggiore. Quello in cui un ufficiale, perfettamente addestrato e a conoscenza di un qualche segreto strategico, importante per la sicurezza del Paese, decidesse, di colpo, di usare le sue competenze per boicottare e danneggiare quello stesso Paese che in teoria avrebbe dovuto difendere.
Il parallelismo con la meccanica quantistica consiteva nel considerare l'ufficiale come un ente quatnistico. Esattametne nello stesso modo in cui un elettrone,a differenza di una pallina classica, spinto in linea retta decide di non seguire una traiettoria ben definita, così l'ufficiale era scientificamente libero di deviare.
Il para dava rigore scentifico alla discussione ma non era stato accolto da tutti con benevolenza ed aveva suscitato un intenso dibattito.
Le diatribe si erano interrotte però con l'intervento del Generale, che aveva assistito alla riunione in qualità di ospite di onore. Egli sottolineava la preocuppazione che, elettroni si o elettroni no, un caso come quello descritto potesse realmente presentarsi.

Vi fu silenzio e grande apprensione, come si addice alle situazioni di incertezza per il futuro del Paese.

Poco a poco riprese il brusio della discussione e il
giovane tenente volle accentrare l'interesse del gruppo sul proprio eroico patrittoismo. Cominciò così a spiegare come era giunto a tale difficile intuizione.

Il nesso tra l'emergere di comportamenti devianti e la traiettoria di un elettrone gli era apparso chiaro una sera di qualche mese prima, dopo aver a sua volta assistito, da infiltrato, ci teneva a precisare, a una riunione, molto nota in certi ambiti insurrezionalisti, chiamata "tortilla meeting".

Vi fu un brusio diffuso al nominare tali parole nel circolo ufficiali, e molti rabbrividirono all'idea che il Generale desse in escandescenza e che uno di loro potesse, seppure in veste di infiltrato, partecipare a tali avvenimenti.
La gravità della situazione, però, non permetteva indugi e il Generale in persona ordinò silenzio e pregò il tenente di continuare la sua esposizione.

Il tenente assentì e raccontò che quella notte, lo stesso fondatore dell' attività cospirativa (qui si guardò bene dal nominarla nuovamente) , aveva esposto ai presenti con chiarezza la relazione dialettica tra libero arbitrio e meccanica quantistica.

Dopo aver ascoltato tali nefandezze, il Generale scattò in piedi battendo un pugno sul tavolo. In un generale silenzio di facce bianche e tese proclamò: "Basta così tenente, si sieda, la situazione é ormai chiara".

Si voltò poi verso il resto dei presenti e spiegò che era il momento era propizio per costituire una commissione di studi sulla Meccanica Quantistica.

La commissione avrebbe dovuto verificare la eventuale presenza di materiale eversivo nello studio quotidiano della disciplina nelle Università del Paese.

L'ufficiale ne era poi stato nominato presidente.

La scelta era stata fatta in base al suo curriculum del biennio precedente all'ingresso all'accademia. Per due anni, infatti, l'ufficiale aveva studiato fisica. Non che avesse riportato particolari successi in quel suo cimentarsi con le scienze esatte. Almeno così aveva l'impressione di ricordare il Generale, impressione che avrebbe potuto facilmente essere confermata consultando il documento di ammissione alla carriera militare dell'ufficiale in questione.

Tale documento doveva essere custodito in chissà quale archivio e, in mezzo ad altre preziose ma al momento irrilevanti informazioni sull'ufficiale, riportava la media dei voti da quegli ottenuti nei due anni di studio. Una rapida occhiata e quella media avrebbe rivelato la natura, non certo brillante, della persona in esame.
Nello stesso documento, al riquadro successivo, si leggeva:
"Ragioni per la volontà di arruolamento ".

In esso figuravano, scarabocchiate a mano , con inchiostro nero, due frasi loquaci :
"Amore per la Patria"
e
" Fede in Dio".


Uno sguardo attento a quella media, dicevamo, avrebbe forse suggerito un'altra ragione per la scelta di vita dell'ormai ufficiale, scelta oltre più assai comune tra gli studenti di fisca di quegli anni. Essa, dopo un giudizio rapido, sarebbe apparsa come:
"Scarso interesse per le scienze naturali".
Forse, però il nostro giudizio sarebbe davvero troppo rapido, e dovremmo limitarci alle due frasi precedenti: "amore per la patria" e" fede in dio".

Nella presente situazione, che come si é detto rappresentava un chiaro pericolo per il Paese, il Generale non poteva certo permettersi il lusso di cercare, tra polverosi archivi, documenti che gli rinfrescassero la ormai evanescente memoria.
Né, tanto meno, poteva riempirne le caselle mal compilate e andare troppo per il sottile nella scelta del presidente per al nuova commissione.

Bastava infatti considerare gli altri presenti alla riunione, per convincersi che l'ufficiale, per quanto imperfetto, rappresentava quanto di meglio l'Esercito avesse da offrire in termini scientifici.

Senza alcun dubbio quindi, la direzione della Commissione, spettava all' ufficiale.



Sul collo dell'ufficiale seduto ad occhi chiusi, erano apparse alcune gocce di sudore che, lentamente, scendevano e si infiltravano sempre più giù lungo la schiena. Si infilavano nella fessura tra il colletto e il collo, producendo una spiacevole sensazione di prurito. Ciò distoglieva l'ufficiale dalla sua pausa di meditazione e gli faceva notare l'opressione dell'uniforme chiusa stretta.

Con un gesto rapido, non senza prima essersi assicurato, guardandosi intorno, che non vi fosse nessuno in grado di testimoniare l'accaduto, l'ufficiale allentò il nodo della cravatta e sbottonò il primo bottone, quello che stringeva il tessuto al collo proprio là dove si infilavano le gocce. Così facendo produsse uno spazio sufficiente per introdurvi un dito e potersi grattare con soddisfazione.

Tornando ad abbottonarsi, inspirò profondamente e non poté evitare di sorridere per quel gesto così poco marziale.

Si abbandonò nuovamente contro lo schienale e il calore del sole lo accarezzò infondendogli un brivido che gli si propagò lungo la colonna vertebrale.
Per un momento, quel brivido, lo distolse dal suo pensiero scientifico e gli fece ricordare qualcosa di antico, un bacio di donna, un sospiro di giovinezza.

L'ufficiale si scosse, spalancò gli occhi e si alzò di scatto con una smorfia amara disegnata sulla faccia. Questa volta stava esagerando, pensò. Girò sui tacchi e s i diresse con passo sicuro verso l'entrata della caserma.

Le reclute, in corridoio, lo stavano aspettando in silenzio.


LukyLuke

1 comment:

marina said...

mi piace molto il racconto, mi chiedo come continuerà..un bacio